lunedì 28 giugno 2021

Suor Angel, tra Fede e Medicina

PALERMOAngel Kalela Bipendu Nama. Chi è mai costei? Ce lo chiediamo, parafrasando il nostro caro Alessandro Manzoni. Il nome evoca un’origine africana: e in effetti Angel è una suora cattolica, della congregazione Discepole del Redentore, arrivata in Sicilia dalla Repubblica Democratica del Congo sedici anni fa, con tanta voglia di rendersi utile al prossimo.

E quale mezzo migliore della professione medica per aiutare gli altri? Ma studiare medicina non è facile. A sostenerla e incoraggiarla, allora, anche il professore Giovanni Ruvolo, direttore dell’unità di cardiochirurgia dell’università Tor Vergata di Roma, cardiochirurgo siciliano che da anni, insieme ai volontari dellassociazione "A cuore aperto", si spende in Africa per fornire cure e attrezzature mediche alle popolazioni bisognose. Così la voglia di studiare di suor Angel trova sostegno e supporto: la suora è destinataria di una borsa di studio che le consente di iscriversi alla Facoltà di Medicina all’Università di Palermo. E il 30 marzo 2015 arriva il giorno tanto atteso: a 41 anni viene proclamata dottoressa in Medicina e Chirurgia, con la tesi di laurea su "Valvolopatia associata a valvola aortica biscuspide"; relatore proprio il professor Ruvolo.

Da medico, dal 2016 al 2018, suor Angel comincia a prestare servizio su una nave della Guardia costiera italiana impegnata nel Mar Mediterraneo nel salvataggio di immigrati a rischio naufragio. Ho curato ipotermie, ustioni. Ma ho anche assistito donne partorire” , dice ricordando l’emergenza che l’ha vista in prima linea come medico volontario del Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Trasferitasi poi a Bergamo, dove ha cominciato a lavorare come guardia medica, eccola in questi giorni a prestare il suo aiuto contro il Covid-19, visitando i malati rimasti a casa: “Vedo tristezza, angoscia, paura. Sono tutti in quarantena, separati dai familiari. Io mi presento sempre: dico loro che, oltre ad essere un medico, sono una suora. Cerco di dare una parola di conforto, un segno di speranza. Qui in Italia parecchi malati hanno paura che non torneranno alla vita di prima. Ma io ripeto a tutti: la vita riprenderà”.

Profetiche allora le parole pronunciate dal professor Ruvolo e dalla moglie, dottoressa Margherita La Rocca (anche lei impegnata a fianco al marito in iniziative socio-sanitarie ed umanitarie a sostegno delle popolazioni africane), proprio il giorno della laurea di suor Angel: “Fiduciosi che la vocazione religiosa saprà integrarsi e diventare una cosa sola con la vocazione verso il prossimo, che il mestiere del medico dovrebbe avere come prerequisito e presupposto, vogliamo augurare a Suor Angel una lunga carriera, certi che saprà essere un eccellente medico e un grande esempio di umanità e professionalità”.

Ora quell’auspicio si è avverato. Grazie, suor Angel. A nome di tutti gli italiani.


di Maria D'Asaro

19 aprile 2020

FONTE: Il Punto Quotidiano

mercoledì 23 giugno 2021

Fibromialgia, la vicinanza della Chiesa

di Michela Altoviti

Si riuniranno questa mattina, in piazza San Pietro per la preghiera del Regina Coeli le delegazioni delle diverse associazioni e dei gruppi di autoaiuto che a livello nazionale operano a favore dei malati di fibromialgia, in vista della Giornata mondiale dedicata a questa patologia, che ricorre il 12 maggio. Istituita nel 1990, nel giorno dell’anniversario della nascita di Florence Nightingale, l’infermiera fondatrice della Croce Rossa che durante la guerra di Crimea non rinunciò a lottare per i diritti dei malati anche quando contrasse una malattia infettiva i cui sintomi sono compatibili con gli attuali criteri diagnostici della fibromialgia, «questa Giornata esiste da tanti anni, ma quest’anno per la prima volta come Chiesa di Roma – spiega don Carlo Abbate, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sanitaria – la viviamo avendo istituito una nuova area di attenzione dedicata proprio ai malati reumatici, per esprimere vera vicinanza a questo mondo silente e sofferente». In Italia sono circa 5 milioni le persone affette da malattie reumatiche; di queste, secondo i dati della Società italiana di reumatologia, oltre 2 milioni e mezzo – prevalentemente donne – sono interessate da fibromialgia ma «purtroppo nel nostro Paese ancora non è stata riconosciuta quale malattia cronica e invalidante, anche se rende scarsa la qualità della vita delle persone che ne soffrono, stravolgendola», spiega Edith Aldama, referente della nuova area dedicata alle malattie reumatiche dall’Ufficio diocesano. L’infermiera e malata fibromialgica evidenzia in particolare «la difficoltà di noi pazienti reumatici di essere riconosciuti perché spesso ci viene detto che la nostra patologia, altamente invalidante, non esiste ed è solo nella nostra mente», laddove i sintomi della fibromialgia non sono visibili «perché la caratteristica principale è il dolore muscolo scheletrico diffuso, continuo, permanente, che ci accompagna giorno e notte, associato anche a disturbi del sonno, stanchezza cronica, cefalea, vertigini e colon irritabile, ma senza segni clinici evidenti dalle analisi di laboratorio o dagli esami strumentali». Ecco allora «l’importanza di essere vicini a queste persone, facendo sentire loro l’abbraccio della Chiesa – continua Aldama – e di rendere visibile questa patologia, per la quale, a oggi, non sono stati riconosciuti i livelli essenziali di assistenza». Vanno in questa direzione l’incontro di domani sera, intitolato “Vorrei esistere. Fibromialgia: i malati invisibili”, organizzato dall’Ufficio diocesano nella parrocchia di San Giulio, e «le attività di sensibilizzazione che la Pastorale sanitaria intende promuovere con il Tavolo interreligioso di Roma», anticipa Aldama. Ancora, lo spazio dedicato alla patologia, proprio in occasione della Giornata mondiale, all’interno del XXII Convegno nazionale della Cei per la pastorale della salute, dal titolo “Gustare la vita, curare le relazioni”, che si sta svolgendo on-line dal 3 maggio, per concludersi il 13. «Grazie alla sensibilità del direttore dell’Ufficio nazionale don Massimo Angelelli, che ha portato all’inserimento della fibromialgia nel calendario 2021 delle Giornate mondiali della Chiesa, dell’Onu e dell’Oms – spiega ancora la referente diocesana -, daremo voce a tutti i malati fibromialgici, per non farli sentire più soli».

9 maggio 2021

FONTE: Roma Sette

martedì 15 giugno 2021

Il Cerchio della Gioia


Un giorno, non molto tempo fa, un contadino si presentò alla porta di un convento e bussò energicamente. Quando il frate portinaio aprì la porta di quercia, il contadino gli mostrò, sorridendo, un magnifico grappolo d'uva.
"Frate Portinaio", disse il contadino, "sai a chi voglio regalare questo grappolo d'uva che è il più bello della mia vigna?".
"Forse all'abate o a qualche padre del convento".
"No, a te!".
"A me?". Il frate portinaio arrossì tutto per la gioia. "Lo vuoi dare proprio a me?".
"Certo, perchè mi hai sempre trattato con amicizia e mi hai aiutato quando te lo chiedevo. Voglio che questo grappolo d'uva ti dia un po' di gioia". La gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del frate portinaio illuminava anche lui.
Il frate portinaio mise il grappolo d'uva bene in vista e lo rimirò per tutta la mattina. Era veramente un grappolo stupendo. Ad un certo punto gli venne un'idea: "Perchè non porto questo grappolo all'abate per dare un po' di gioia anche a lui?".
Prese il grappolo e lo portò all'abate.
L'abate ne fu sinceramente felice. Ma si ricordò che c'era nel convento un vecchio frate ammalato e pensò: "Porterò a lui il grappolo, così si solleverà un poco". Così il grappolo d'uva emigrò di nuovo. Ma non rimase a lungo nella cella del frate ammalato. Costui pensò, infatti che il grappolo avrebbe fatto la gioia del frate cuoco, che passava le giornate a sudare sui fornelli, e glielo mandò. Ma il frate cuoco lo diede al frate sacrestano (per dare un po' di gioia anche a lui), questi lo portò al frate più giovane del convento, che lo portò ad un altro, che pensò bene di darlo ad un altro. Finchè, di frate in frate, il grappolo d'uva tornò al frate portinaio (per portargli un po' di gioia).
Così fu chiuso il cerchio. Un cerchio di gioia.

Non aspettare che inizi qualche altro. Tocca a te, oggi, cominciare un cerchio di gioia. Spesso basta una scintilla piccola piccola per far esplodere una carica enorme. Basta una scintilla di bontà e il mondo comincerà a cambiare. L'amore è l'unico tesoro che si moltiplica per divisione: è l'unico dono che aumenta quanto più ne sottrai. E' l'unica impresa nella quale più si spende, più si guadagna; regalalo, buttalo via, spargilo ai quattro venti, vuotati le tasche, scuoti il cesto, capovolgi il bicchiere e domani ne avrai più di prima.

Autore: Bruno Ferrero - Libro: Quaranta Storie nel Deserto



Penso che nella sua semplicità questo racconto insegni una lezione molto importante: cioè come condividere qualcosa a cui teniamo, con altre persone, non ci sottragga nulla, ma anzi, ci tornerà indietro moltiplicato in Bene e in Gioia. E questo Bene e questa Gioia non saranno solo per noi, ma per tutte quelle persone che avremo beneficato. Un grande insegnamento e una grande verità!

Marco