I primi ricordi di Gemma sono legati alla dolce figura materna. È una bambina di appena sette anni e si rende conto, sebbene confusamente, che la mamma, gravemente ammalata, deve lasciarla. È spontaneo in lei il desiderio di seguirla per stare sempre insieme: «Una voce al cuore mi disse: "Me la vuoi dare a Me la mamma?". "Sì", risposi, "ma se mi prendete anche me". "No", mi ripeté la solita voce, "dammela volentieri la mamma tua. Tu per ora devi rimanere col babbo. Te la condurrò in Cielo, sai? Me la dai volentieri?". Fui costretta a rispondere di sì; finita la Messa, corsi a casa. Mio Dio! Guardavo la mamma e piangevo; non potevo trattenermi».
Il 1894 È l'anno di un grande dolore ed è l'anno nel quale l'angelo custode irrompe visibilmente nella sua vita, la spinge a non chiudersi in se stessa, la stimola a non fermarsi alle «piccole cose di pessimo gusto» che potevano invischiarla nell'effimero e spingerla verso la banalità dei valori mondani, nel tentativo di dimenticare le persone perdute per sempre.
La morte, a soli diciotto anni, del fratello seminarista Gino, avvenuta nel settembre del 1894, apre in Gemma un vuoto incolmabile. Si ammala gravemente. Lo stato di prostrazione dura lunghissimi mesi; la ragazza deve addirittura sospendere gli studi. A fatica si riprende. Babbo Enrico e tutta la famiglia si industriano di farla svagare. Le regalano perfino un orologio d'oro. «Io, ambiziosa come ero», ricorda, «non vidi il momento di mettermelo e uscire fuori (...). Uscii infatti; quando ritornai e andai per spogliarmi, vidi un angelo (che ora ho riconosciuto per l'angelo mio), che serio serio mi disse: "Ricordati che i monili preziosi che abbellano una sposa di un Re crocifisso altri non possono essere che le spine e la croce"».
LA MORTE DEL PADRE DI SANTA GEMMA
Ancora Gesù, direttamente, regge il cuore di Gemma per le grandi sofferenze che bussano alla porta di casa. Babbo Enrico scompare prematuramente a causa di un tumore alla gola. Questa morte, avvenuta 1'11 novembre del 1897, è la causa diretta del tracollo economico dell'intera famiglia, che cade nella più nera miseria.
«Il giorno che morì», narra Gemma, «Gesù mi proibì di perdermi in urli e pianti inutili, e lo passai pregando e rassegnata assai al volere di Dio, che in quell'istante prendeva lui le veci di Padre Celeste e padre terreno».
Gemma impara a distaccarsi da tutto e da tutti per abbandonarsi sola in Gesù solo.
«Vedevo bene che Gesù mi aveva tolto i genitori, e alle volte mi disperavo, perché credevo di essere abbandonata. Quella mattina me ne lamentai con Gesù, e Gesù sempre più buono, sempre più tenero mi ripeteva: "Io, figlia, sarò sempre con te. Sono io tuo padre, la mamma tua sarà quella..." e m'indicò Maria Santissima Addolorata. "Mai può mancare la paterna assistenza a chi sta nelle mie mani; niente dunque mancherà a te, quantunque ti abbia tolta ogni consolazione e appoggio su questa terra. Vieni, avvicinati... sei mia figlia... Non sei felice di essere figlia di Gesù e Maria?"».
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