domenica 28 febbraio 2021

Papa Francesco propone 15 semplici atti di Carità che egli ha citato come manifestazioni concrete d’Amore

1. Sorridere, un cristiano è sempre allegro!

2. Ringraziare (anche se non “devi” farlo).

3. Ricordare agli altri quanto li ami.

4. Salutare con gioia quelle persone che vedi ogni giorno.

5. Ascoltare la storia dell’altro, senza pregiudizi, con amore.

6. Fermarti per aiutare. Stare attento a chi ha bisogno di te.

7. Alzare gli animi a qualcuno.

8. Celebrare le qualità o successi di qualcun altro.

9. selezionare quello che non usi e donarlo a chi ne ha bisogno.

10. Aiutare quando serve perché l’altro si riposi.

11. Correggere con amore, non tacere per paura.

12. Avere buoni rapporti con quelli che sono vicino a te.

13. Pulire quello che uso in casa.

14. aiutare gli altri a superare gli ostacoli.

15. Telefonare ai tuoi genitori.


Il miglior digiuno

Ti proponi di digiunare in questa Quaresima?

• Digiuna di parole offensive e trasmetti parole squisite

• Digiuna di scontenti e riempiti di gratitudine

• Digiuna di rabbia e riempiti di mitezza e di pazienza

• Digiuna di pessimismo e riempiti di speranza e di ottimismo

• Digiuna di preoccupazioni e riempiti di fiducia in Dio

• Digiuna di lamenti Riempiti di cose semplici della vita

• Digiuna di pressioni e riempiti di preghiera

• Digiuna di tristezza e amarezza, e riempiti il cuore di gioia

• Digiuna di egoismo e riempiti di compassione per gli altri

• Digiuna di mancanza di perdono e riempiti di atteggiamenti di riconciliazione

• Digiuna di parole e riempiti di silenzio e di ascolto degli altri

Se tutti praticheremo questo digiuno il quotidiano si riempira‘ di: Pace, Fiducia, Gioia e Vita.

Felice e Santa Quaresima!

domenica 21 febbraio 2021

Sacerdoti in corsia nei reparti Covid. Il conforto dei Sacramenti e una parola di speranza

I racconti dei sacerdoti impegnati in servizio nei reparti ospedalieri Covid raccolti dal giornale diocesano "La Libertà" di Reggio Emilia-Guastalla. Sono una ventina in tutto i preti che hanno chiesto e ottenuto di entrare nei reparti Covid per portare il conforto dei sacramenti e una parola di speranza negli ospedali di Reggio Emilia, Guastalla e Scandiano. Un segno di consolazione divenuto concreto grazie a una convenzione firmata dal direttore generale dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia Cristina Marchesi e dal pastore della Chiesa reggiano-guastallese Massimo Camisasca

A volte basta poco per cambiare l’umore di qualcuno. Più volte colgo in me il forte desiderio di poter fare tutto il possibile per rendere gli altri contenti; anche aiutando a vedere la stessa realtà ma con l’ottimismo di chi il bicchiere lo vede mezzo pieno, anziché mezzo vuoto. È prevalso il tempo trascorso nelle camere fra un malato e l’altro, soprattutto per ascoltare i loro racconti; sedersi accanto (nella distanza di sicurezza concessa) per immergersi nei loro ricordi e passioni, essere coinvolti dai loro sogni, desideri e progetti, ma anche condividere e giustificare le loro paure e fatiche. In quei momenti mi è stato concesso di essere una presenza importante mandata dalla Provvidenza; un vero e proprio strumento del Signore inviato lì per infondere calore e per garantire a quel malato il sostegno donato da una presenza umana e divina insieme”. Con queste parole don Giuliano commenta sul giornale diocesano di Reggio Emilia-Guastalla, “La Libertà ”, il suo servizio in un reparto ospedaliero Covid.

Nulla di speciale, in fondo: prendersi cura di un bisognoso ci permette di sperimentare quanto nel Vangelo ci viene raccontato del buon samaritano: modello di vita da fare nostro sempre, al di là di ogni nostra specifica vocazione”, aggiunge il sacerdote, che è collaboratore nell’unità pastorale "Regina della Pace" di Casalgrande e Salvaterra (Reggio Emilia). E come don Giuliano ci sono altri presbiteri, una ventina in tutto, che hanno chiesto e ottenuto di entrare nei reparti Covid per portare il conforto dei sacramenti e una parola di speranza negli ospedali di Reggio Emilia, Guastalla e Scandiano:

6 giorni su 7, con turni dalle 13 alle 20, nella più rigorosa osservanza dei controlli a cui essi per primi si sottopongono e nel rispetto della libertà di coscienza dei cittadini. Un segno di consolazione divenuto concreto grazie a una convenzione firmata dal direttore generale dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia Cristina Marchesi e dal pastore della Chiesa reggiano-guastallese Massimo Camisasca.

È stata ed è per me una priorità in questo tempo di Coronavirus, sia durante la prima che la seconda ondata della pandemia, assicurare la presenza di sacerdoti all’interno degli ospedali”, afferma mons. Camisasca. E aggiunge:

Garantire la vicinanza di un prete a chi è gravemente malato o sta morendo è la più alta forma di carità che la Chiesa possa esprimere. Accompagnare chi muore all’ultimo passo è il dono più importante che possiamo fare ai nostri fratelli. Non c’è infatti solitudine più grande di quella della morte. La presenza del sacerdote alimenta la speranza che l’incontro con Dio sia un incontro vitale, rappresenti l’inizio di una nuova vita”.

L’idea iniziale, maturata anche grazie alla testimonianza di don Alberto Debbi, pneumologo tuttora operante a chiamata presso l’Ospedale di Sassuolo, ha incontrato l’appoggio dei vertici dell’Ausl-Irccs. Sono seguite, da parte della Chiesa diocesana, le richieste di disponibilità ai sacerdoti, individuando come potenzialmente idonei quelli di età inferiore ai 60 anni. Quanti hanno risposto all’appello hanno subito intrapreso un cammino di formazione online; insieme ai preti disponibili, agli incontri preparatori partecipano sia funzionari dell’Azienda sanitaria, che ne curano l’addestramento, sia membri di un’équipe diocesana, che offre un percorso di sostegno.
Offrire un supporto psicologico e spirituale – sottolinea mons. Alberto Nicelli, vicario generale – può costituire un sollievo in primo luogo per i malati; la presenza dei sacerdoti dà poi sostegno alla loro comunicazione, attraverso telefoni e tablet, con i familiari lontani; rappresenta altresì un aiuto al personale medico-sanitario, affaticato e spesso provato in prima persona dal virus”.

Azienda sanitaria e diocesi hanno condiviso la consapevolezza che l’assistenza spirituale può essere in tantissimi casi un “quid” che si aggiunge alle competenze scientifiche e all’azione terapeutica.


di Edoardo Tincani

13 febbraio 2021

FONTE: La difesa del popolo

domenica 14 febbraio 2021

Lettera di Sant’Agostino all’uomo per amare una donna per sempre


Giovane amico, se ami questo è il miracolo della vita.

Entra nel sogno con occhi aperti e vivilo con amore fermo.

Il sogno non vissuto è una stella da lasciare in cielo.

Ama la tua donna senza chiedere altro all’infuori dell’eterna domanda che fa vivere di nostalgia i vecchi cuori.

Ma ricordati che più ti amerà e meno te lo saprà dire. Guardala negli occhi affinché le dita si vincolino con il disperato desiderio di unirsi ancora; e le mani e gli occhi dicano le sicure promesse del vostro domani. Ma ricorda ancora, che se i corpi si riflettono negli occhi, le anime si vedono nelle sventure.

Non sentirti umiliato nel riconoscere una sua qualità che non possiedi.

Non crederti superiore poiché solo la vita dirà la vostra diversa sventura.

Non imporre la tua volontà a parole, ma soltanto con l’esempio.

Questa sposa, tua compagna di quell’ignoto cammino che è la vita, amala e difendila, poiché domani ti potrà essere di rifugio.

E sii sincero giovane amico, se l’amore sarà forte ogni destino vi farà sorridere.

Amala come il sole che invochi al mattino.

Rispettala come un fiore che aspetta la luce dell’amore.

Sii questo per lei, e poiché questo deve essere lei per te, ringraziate insieme Dio, che vi ha concesso la grazia più luminosa della vita!


(S. Agostino)

sabato 13 febbraio 2021

Riccardo e Barbara, coppia di sposi missionari che vive insieme ai più fragili

Riccardo Rossi e Barbara Occhipinti hanno scelto di impegnarsi per le oltre 1.100 persone accolte nella Missione Speranza e Carità fondata da Biagio Conte a Palermo, con un'attenzione particolare alla cura della comunicazione sociale. Con il progetto "Ponti di bene" aiutano i poveri a trovare occupazione

PALERMO - Sono impegnati e sensibili verso i bisogni delle oltre 1.100 persone accolte nella Missione Speranza e Carità fondata da Biagio Conte a Palermo e con un'attenzione particolare alla cura della comunicazione sociale. Sono Riccardo Rossi e Barbara Occhipinti, la prima coppia di sposi che ha scelto di vivere in spirito missionario lasciando alle spalle la vita precedente. Da poco sono tornati da un viaggio nel nord Italia per portare avanti il progetto "Ponti di bene", pensato per favorire lo scambio e il trasferimento delle persone con fragilità da Sud a Nord in altri luoghi di accoglienza per poter trovare anche una occupazione lavorativa.
"Siamo appena tornati dal viaggio 'Ponti di bene' che ci ha permesso di conoscere parecchie realtà dove i nostri fratelli in povertà potrebbero trovare per un determinato periodo accoglienza e lavoro - spiega Riccardo -. L'obiettivo è quello di favorire scambi di bene e nello stesso tempo di creare una rete di servizi nazionale tra le realtà missionarie. Grazie ai primi contatti è già partito dalla missione il nostro primo fratello per un centro della Toscana".
"Io e Barbara siamo la prima coppia, la prima famiglia missionaria che ha deciso di fare questo cammino terziario che è previsto dallo statuto della Missione - dice ancora Riccardo -. In Missione siamo continuamente a servizio per tutti. In particolare, organizziamo e stampiamo il periodico La Speranza, seguiamo anche una piccola squadra di calcio di giovani immigrati e poi siamo impegnati a promuovere tutte le iniziative sociali e di solidarietà che ci sono".

"Come coppia, per noi è importante lavorare insieme - aggiunge Barbara -. Siamo continuamente immersi nelle fragilità di ogni tipo dove muoversi non è facile perché ci sono persone che hanno vissuto drammi e sofferenze diverse. La prima cosa da fare è cercare di trasmettere quella fiducia e quella motivazione necessaria che porta la persona, in forte stato di fragilità, a rinascere a poco a poco. La fatica è tanta ma la possibilità di ridare loro la dignità che meritano ci dà tanta gioia, energia e coraggio di andare avanti. Con 'Ponti di bene', in particolare dopo un viaggio di 15 giorni, ci stiamo impegnando molto per riuscire a creare una rete che favorisca la mobilità dei poveri e lo scambio di esperienze di servizio e di lavoro da Sud a Nord".
Riccardo Rossi è di Napoli ha 50 anni e per 10 anni ha lavorato come giornalista per diverse realtà ambientaliste e politiche. Un mondo da cui a poco a poco si è allontanato. "Dopo una conversione ai Valori Cristiani non mi sono più riconosciuto in quello che facevo - racconta -. Sono entrato, infatti, in una crisi depressiva allontanandomi da un mondo che mi appariva troppo superficiale e non ancorato alla verità". "Purtroppo ho avuto problemi familiari molto seri legati soprattutto alla grande sofferenza di avere un fratello tossicodipendente. Dopo quindi un periodo di ricerca interiore, grazie ad alcune persone che mi hanno preso per mano, ho deciso di vivere da missionario nella casa famiglia 'Oasi la divina provvidenza' per disabili mentali e fisici di Pedara (Ct) dove sono stato 15 anni, di cui gli ultimi due anni con Barbara. Per lungo tempo sono stato le braccia e le gambe di tante persone sofferenti alcune delle quali con malattie terminali che ho accompagnato anche alla morte".

"Dopo 5 anni che vivevo nella comunità di Pedara ho conosciuto a Palermo Biagio Conte con cui è nata subito una grande sintonia di fede, di pensiero e di azione - racconta ancora -. Essendo un giornalista mi ha proposto di coordinare all'inizio a distanza il periodico della Missione 'La speranza'. In Missione ho conosciuto Barbara con cui è nata a poco a poco un'intesa di progetto di vita molto forte che oggi ci impegna insieme - tanto che le ho chiesto di sposarmi e di vivere insieme nella comunità di Pedara (Ct) con oltre 100 persone". "Poi, un anno fa, quando Biagio ha protestato digiunando e dormendo sotto i portici della Posta centrale di Palermo, ho deciso di stargli a fianco dormendo anch'io in strada per 10 giorni con lui. Dopo questa esperienza straordinaria confrontandomi con Barbara è nato il desidero di fare insieme il grande salto di andare a vivere in Missione. Oggi siamo riusciti ad avere una stanza presso la Casa del Vangelo a Chiavelli fondata padre Palcido Rivilli molto vicino al beato Pino Puglisi".

Barbara Occhipinti, 48 anni, originaria di Ragusa, ha vissuto, invece, per molti anni da sola a Palermo dove ha studiato architettura e lavorato come arredatrice. "Nella mia vita ho sempre sentito il bisogno forte di mettermi a servizio di chi era più fragile - racconta -. Dopo la morte prematura del mio caro amico Toti che è andato via senza avere vicino i suoi amici più cari, ho riflettuto molto sul senso pieno e più profondo che dovevamo dare alla nostra vita che non poteva essere soddisfatta soltanto dal lavoro e dai piaceri personali". Anche a lei la conoscenza del missionario Biagio Conte ha cambiato completamente la vita. "Dopo avere conosciuto Biagio, a poco a poco è cresciuto sempre di più il desiderio di spendermi come volontaria per i tanti bisogni della Missione. Per lungo tempo ho partecipato all'unità di strada notturna per l'assistenza di chi vive in strada, toccando con mano la fragilità e povertà più disperata".

"La conoscenza poi di Riccardo mi ha fatto capire che proprio la Missione sarebbe stata l'anello di congiunzione della nostra vita insieme. Così con fede e con coraggio, dopo avere perso il lavoro, non ne ho cercato un altro ma mi sono lanciata nella scelta di camminare insieme a Riccardo dedicandomi alla casa dei più fragili dove già viveva. In questo nostra scelta di vivere insieme a Pedara Biagio ci ha benedetto e sempre sostenuto. Ci siamo sposati il 12 febbraio di tre anni fa per il compleanno proprio del mio amico Toti. Quasi un anno fa, poi, dopo l'ultima protesta in strada di fratello Biagio, che abbiamo sostenuto in vario modo con tutte le nostre forze umane e spirituali, abbiamo deciso di trasferirci a Palermo per vivere a servizio dei poveri della Missione". (set)


20 febbraio 2019

FONTE: La difesa del popolo

martedì 2 febbraio 2021

Il sogno che può cambiare la realtà


Nella periferia di Milano, una chiesetta e un ex granaio abbandonati tornano a disposizione della comunità grazie all'impegno di Gloria e suor Ancilla

Nasce da un sogno il progetto di far rivivere una porzione di Milano. In tutte le sue valenze: culturale, artistica, spirituale, rurale, sociale, educativa. Forse, la forza delle grandi idee che poi si trasformano in progetti concreti ha origine proprio da una visione”. Sono parole di Gloria Mari, consacrata nell'Ordo Virginum, ex geologa e giornalista, che ha deciso di dedicare la sua vita al servizio degli altri, delle persone sole, fragili, che attraversano momenti segnati da grandi difficoltà, e lo fa lavorando nella Cooperativa Nocetum, nella Valle dei Monaci a Milano.

La vocazione

A causa del lavoro del padre, dirigente di una multinazionale e sempre impegnato all'estero, Gloria fin da piccola viaggia molto, spostandosi addirittura in tre continenti.
I luoghi che vede, i viaggi che compie, accrescono sempre di più il suo interesse a studiare la terra, e per questo decide di diventare una geologa. Quando ha 23 anni, nel periodo dell'università, conosce suor Ancilla: un incontro destinato a cambiare profondamente la sua vita. A Gloria piace lo stile di preghiera e la delicatezza con cui si pone la suora. Così decide di andare in ritiro con lei. E' in questa occasione, raccolta nella preghiera accanto a una figura amica, avvolta da una sensazione di tranquillità e felicità, che Gloria inizia a chiedersi se la professione che ha scelto e per cui sta studiando è ciò che davvero può farla felice. Se la sua serenità deve cercarla girando per il mondo a studiare la terra o se, invece, è più vicina di quanto lei possa immaginare.

In missione tra la gente

Al primo ritiro ne seguono altri. Gloria inizia a maturare l'idea di portare a termine l'università e successivamente diventare una missionaria laica in terre lontane. Dopo la laurea, e solo tre anni dopo il primo incontro con suor Ancilla, la scelta è un altra, radicale: lascia casa e i suoi genitori e si iscrive alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale. Le piace, e le piace moltissimo. Ha capito qual è il suo posto nel mondo e, proprio come suor Ancilla, decide di consacrarsi all'Ordo Virginum.
Le consacrate che appartengono a quest'ordine vivono le condizioni della donna qualunque: non indossano l'abito, non portano il velo, non hanno nessun connotato esteriore che fa capire che sono suore consacrate al Signore nel nubilato, ma sopratutto non hanno una casa madre, né un convento o una madre superiora, e devono perciò trovarsi una casa e una fonte di sostentamento. Così Gloria trova lavoro come insegnante e un luogo dove abitare: nei pressi dell'Abbazzia di Chiaravalle.

Verso Nocetum

Passa il tempo, il gruppo di preghiera animato da suor Ancilla ha bisogno di una nuova dimora, che non sia quella di Chiaravalle, troppo piccola. La suora nota una chiesetta abbandonata e ne parla subito con Gloria. E' la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, conosciuta anche come chiesa di Nosedo. Il luogo cattura immediatamente la loro attenzione e diventa il punto di riferimento degli incontri del loro gruppo di preghiera. Purtroppo, però, non è possibile abitare nella cascina adiacente alla chiesa, un ex granaio dell'Abbazzia di Chiaravalle: oltre a problemi burocratici, la struttura è ridotta a rudere, abbandonata, spesso occupata da barboni o utilizzata da prostitute e tossicodipendenti.
Nei nostri incontri presso la chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo, alla fine degli anni 80, con suor Ancilla sognavamo di vedere al posto di una cascina cadente una casa accogliente, al posto di una discarica un prato fiorito, al posto di un vecchio capanno un piccolo mercatino, al posto di una sala umida e fredda un salone accogliente a vetrate”, racconta Gloria. “Ma sopratutto immaginavamo la possibilità di collegare questi centri d'interesse con dei viottoli da percorrere a piedi: quante volte ci siamo imbattute nei campi e siamo dovute tornare indietro perchè non c'era un sentiero. Speravamo che prima o poi qualcuno avrebbe potuto studiare approfonditamente l'area, scoprire gli antichi resti nella chiesetta e collegare un punto con l'altro. Tutto sembrava impossibile”.

La decisione di “occupare”

Suor Ancilla contatta il proprietario dei terreni per chiedergli di poter prendere possesso della cascina. Le viene detto che ci vorrà del tempo, non deve avere fretta. Ma dopo quasi dieci anni di attesa, in cui nulla cambia, suor Ancilla è risoluta: “Siamo stufe di vedere la cascina abitata in modo improprio, adesso la occupiamo noi”. Il proprietario non immagina certo che la suora stia parlando seriamente, e così le risponde con un mansueto: “Certo, fate pure”. Suor Ancilla e Gloria non se lo fanno ripetere: aiutate da volontari che fanno parte del loro gruppo di preghiera, aprono il lucchetto con un chiavistello. Nel frattempo, nel 1998, si erano costituiti come associazione, Nocetum: Gloria ricorda quegli anni come un momento importantissimo, che le hanno fatto capire cosa il Signore le chiamava a fare in quel luogo e in che modo operare. Determinante è l'incontro con il cardinale Carlo Maria Martini, che chiede a Nocetum di diventare sentinella nella città, di capire e cogliere i bisogni che la città ha. Gloria e suor Ancilla intuiscono che non sono tanto chiamate a creare un centro di spiritualità, ma ad accogliere chi ha bisogno, a tradurre l'opera di preghiera in un'opera di accoglienza.


Aiutare chi ha bisogno


Alla cascina iniziano ad arrivare le prime famiglie. Sono sopratutto immigrati che hanno trovato lavoro a Milano ma non un posto dove abitare, o mogli i cui mariti lavorano ma non possono permettersi una casa abbastanza grande in cui stabilirsi con l'intera famiglia. Passano gli anni, Gloria è impiegata in una casa editrice, ha un contratto a tempo indeterminato, ma oramai sente di appartendere totalmente a Nocetum e per questo lascia tutto per dedicarsi giorno e notte alla cura e ai bisogni delle famiglie che ospitano. Le cose procedono bene. L'Associazione partecipa a progetti di riqualificazione della zona e riesce ad avere dei contributi economici per ristrutturare come si deve la cascina. Una volta risanata e sistemata la struttura, Gloria e suor Ancilla decidono di fissare dei criteri per l'accoglienza. Nel 2008 capiscono che l'attenzione si deve spostare sulla realtà delle mamme che si trovano da sole e suoi loro bambini, donne in situazione di disagio e fragilità sociale, ma anche con un passato di maltrattamenti. Finalmente, nel 2010, Nocetum diventa una cooperativa: “Era necessaria una realtà più organizzata – dice Gloria – che mantenesse però la stessa attenzione per gli ultimi e lo stesso interesse alla promozione del territorio. Oltre alla casa di accoglienza, all'organizzazione di percorsi didattico-educativi per scuole e iniziative d'integrazione e coesione sociale, Nocetum è promotrice di progetti e attività volte alla valorizzazione del territorio”.


La rinascita di una valle


L'antica Valle dei Monaci si estende dalle colonne di San Lorenzo, nel centro di Milano, fino a Melegnano. Un luogo a cui la prodigiosa cura e cultura dei monaci degli ordini cistercensi e umiliati ha saputo conferire progressivamente una forma unitaria e stabile, una vera e propria “città contadina sperimentale”, che si è però frammentata nel secolo scorso. Da circa due anni alcune realtà già attive nell'area hanno iniziato a lavorare in rete con l'obiettivo di restituire al territorio l'unità perduta e ridare vita e visibilità ai suoi tesori naturali, agricoli e storici, con le splendide abbazzie di Chiaravalle, Viboldone e Mirasole, e con il piccolo tesoro artistico e archeologico riportato alla luce nella chiesetta di Nocetum. Quello della “rete” è stato un movimento spontaneo, di cui Nocetum è in un certo senso il motore e che ora conta più di quaranta realtà. Infatti, oltre alle tre abbazzie e alle chiese, ci sono associazioni culturali e dedite alla cura ambientale, cooperative sociali e diverse realtà imprenditoriali.


di Giulia Nannini

FONTE: A Sua Immagine N. 99
29 novembre 2014


Articolo di qualche anno fa, ma storia bellissima di Carità, di Amore, di Fede ed anche di intraprendenza da parte di 2 donne, una suora consacrata e una suora laica, che hanno dato vita, certamente con l'aiuto e per Volere del Signore, ad una bellissima realtà quale è la Cooperativa Nocetum.
Quando ci sono Fede e Amore e tanto desiderio di fare Bene, tutto può succedere..... e sono opere come queste che rendono migliore la società in cui viviamo.
Grazie suor Ancilla, grazie Gloria!

Marco