lunedì 29 luglio 2024

La Consolazione che viene da Dio


Come possiamo trasmettere al fratello che soffre la Consolazione che viene da Dio?
Bisogna essere uniti a Dio, Dio ha consolato noi, noi la trasmettiamo agli altri. È un Dono ricevuto e trasmesso.
Gesù dona a quelli che chiama a compiere, anche privatamente, questo ministero, il Suo "Spirito di Consolazione" con cui unge colui che manda a consolare. Così si entra in: Simpatia, Empatia, Compatia.

Nella Simpatia, il Consolatore conosce e ama le persone, perché figli di Dio, e membri del medesimo corpo a cui appartiene.

L'Empatia è entrare nella sofferenza del fratello. Chi ama il fratello non ha paura del peccato del fratello. Non lo giudica, ma condivide il suo peccato nella sua dimensione psicologica, per rimarginare le ferite e attenuare i danni.
Vivere la sofferenza dell'uomo che ha peccato, sentire nel di dentro il suo avvilimento, e non avere schifo di lui, ma amore che salva.

La Compatia, portare i pesi gli uni degli altri.

Così dovremmo fare anche noi, in Cristo Gesù, se vogliamo essere portatori della Divina Consolazione.


Padre Matteo La Grua, Sacerdote Esorcista


sabato 27 luglio 2024

La visione del Paradiso di Maria Valtorta


Tenterò descrivere la inesprimibile, ineffabile, beatifica visione della tarda sera di ieri [...]

Ed ora cerco descrivere.

Ho rivisto il Paradiso. E ho compreso di cosa è fatta la sua Bellezza, la sua Natura, la sua Luce, il suo Canto. Tutto, insomma. Anche le sue Opere, che sono quelle che, da tant'alto, informano, regolano, provvedono a tutto l'universo creato. Come già l'altra volta, nei primi del corrente anno, credo, ho visto la Ss. Trinità. Ma andiamo per ordine.

Anche gli occhi dello spirito, per quanto molto più atti a sostenere la Luce che non i poveri occhi del corpo che non possono fissare il sole, astro simile a fiammella di fumigante lucignolo rispetto alla Luce che è Dio, hanno bisogno di abituarsi per gradi alla contemplazione di questa alta Bellezza.

Dio è così buono che, pur volendosi svelare nei suoi fulgori, non dimentica che siamo poveri spiriti ancor prigionieri in una carne e perciò indeboliti da questa prigionia. Oh! come belli, lucidi, danzanti, gli spiriti che Dio crea ad ogni attimo per esser anima alle nuove creature! Li ho visti e so. Ma noi... finché non torneremo a Lui non possiamo sostenere lo Splendore tutto d'un colpo. Ed Egli nella sua bontà ce ne avvicina per gradi.

Per prima cosa, dunque, ieri sera ho visto come una immensa rosa. Dico " rosa " per dare il concetto di questi cerchi di luce festante che sempre più si accentravano intorno ad un punto di un insostenibile fulgore.

Una rosa senza confini! La sua luce era quella che riceveva dallo Spirito Santo. La luce splendidissima dell'Amore eterno. Topazio e oro liquido resi fiamma... oh! non so come spiegare! Egli raggiava, alto, alto e solo, fisso nello zaffiro immacolato e splendidissimo dell'Empireo, e da Lui scendeva a fiotti inesausti la Luce. La Luce che penetrava la rosa dei beati e dei cori angelici e la faceva luminosa di quella sua luce che non è che il prodotto della luce dell'Amore che la penetra. Ma io non distinguevo santi o angeli. Vedevo solo gli immisurabili festoni dei cerchi del paradisiaco fiore.

Ne ero già tutta beata e avrei benedetto Dio per la sua bontà, quando, in luogo di cristallizzarsi così, la visione si aprì a più ampi fulgori, come se si fosse avvicinata sempre più a me permettendomi di osservarla con l'occhio spirituale, abituato ormai al primo fulgore e capace di sostenerne uno più forte.

E vidi Dio Padre: Splendore nello splendore del Paradiso. Linee di luce splendidissima, candidissima, incandescente. Pensi lei: se io lo potevo distinguere in quella marea di luce, quale doveva esser la sua Luce che, pur circondata da tant'altra, la annullava facendola come un'ombra di riflesso rispetto al suo splendere? Spirito... Oh! come si vede che è spirito! È Tutto. Tutto tanto è perfetto. È nulla perché anche il tocco di qualsiasi altro spirito del Paradiso non potrebbe toccare Dio, Spirito perfettissimo, anche con la sua immaterialità: Luce, Luce, niente altro che Luce.

Di fronte al Padre Iddio era Dio Figlio. Nella veste del suo Corpo glorificato su cui splendeva l'abito regale che ne copriva le Membra Santissime senza celarne la bellezza superindescrivibile. Maestà e Bontà si fondevano a questa sua Bellezza. I carbonchi delle sue cinque Piaghe saettavano cinque spade di luce su tutto il Paradiso e aumentavano lo splendore di questo e della sua Persona glorificata.

Non aveva aureola o corona di sorta. Ma tutto il suo Corpo emanava luce, quella luce speciale dei corpi spiritualizzati che in Lui e nella Madre è intensissima e si sprigiona dalla Carne che è carne, ma non è opaca come la nostra. Carne che è luce. Questa luce si condensa ancor di più intorno al suo Capo. Non ad aureola, ripeto, ma da tutto il suo Capo. Il sorriso era luce e luce lo sguardo, luce trapanava dalla sua bellissima Fronte, senza ferite. Ma pareva che, là dove le spine un tempo avevano tratto sangue e dato dolore, ora trasudasse più viva luminosità.

Gesù era in piedi col suo stendardo regale in mano come nella visione che ebbi in gennaio, credo.

Un poco più in basso di Lui, ma di ben poco, quanto può esserlo un comune gradino di scala, era la Santissima Vergine. Bella come lo è in Cielo, ossia con la sua perfetta bellezza umana glorificata a bellezza celeste.

Stava fra il Padre e il Figlio che erano lontani tra loro qualche metro. (Tanto per applicare paragoni sensibili). Ella era nel mezzo e, con le mani incrociate sul petto - le sue dolci, candidissime, piccole, bellissime mani - e col volto lievemente alzato - il suo soave, perfetto, amoroso, soavissimo volto - guardava, adorando, il Padre e il Figlio.

Piena di venerazione guardava il Padre. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era voce di adorazione e preghiera e canto. Non era in ginocchio. Ma il suo sguardo la faceva più prostrata che nella più profonda genuflessione, tanto era adorante. Ella diceva: " Sanctus! " , diceva: " Adoro Te! " unicamente col suo sguardo.

[Maria] guardava il suo Gesù piena di amore. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era carezza. Ma ogni carezza di quel suo occhio soave diceva: " Ti amo! ". Non era seduta. Non toccava il Figlio. Ma il suo sguardo lo riceveva come se Egli le fosse in grembo circondato da quelle sue materne braccia come e più che nell'Infanzia e nella Morte. Ella diceva: " Figlio mio! ", " Gioia mia! ", " Mio amore! " unicamente col suo sguardo.

Si beava di guardare il Padre e il Figlio. E ogni tanto alzava più ancora il volto e lo sguardo a cercare l'Amore che splendeva alto, a perpendicolo su Lei. E allora la sua luce abbagliante, di perla fatta luce, si accendeva come se una fiamma la investisse per arderla e farla più bella. Ella riceveva il bacio dell'Amore e si tendeva con tutta la sua umiltà e purezza, con la sua carità, per rendere carezza a Carezza e dire: " Ecco. Son la tua Sposa e ti amo e son tua. Tua per l'eternità ". E lo Spirito fiammeggiava più forte quando lo sguardo di Maria si allacciava ai suoi fulgori.

E Maria riportava il suo occhio sul Padre e sul Figlio. Pareva che, fatta deposito dall'Amore, distribuisse questo. Povera immagine mia! Dirò meglio. Pareva che lo Spirito eleggesse Lei ad essere quella che, raccogliendo in sé tutto l'Amore, lo portasse poi al Padre e al Figlio perché i Tre si unissero e si baciassero divenendo Uno. Oh! gioia comprendere questo poema di amore! E vedere la missione di Maria, Sede dell'Amore!

Ma lo Spirito non concentrava i suoi fulgori unicamente su Maria. Grande la Madre nostra. Seconda solo a Dio. Ma può un bacino, anche se grandissimo, contenere l'oceano? No. Se ne empie e ne trabocca. Ma l'oceano ha acque per tutta la Terra. Così la Luce dell'Amore. Ed Essa scendeva in perpetua carezza sul Padre e sul Figlio, li stringeva in un anello di splendore. E si allargava ancora, dopo essersi beatificata col contatto del Padre e del Figlio che rispondevano con amore all'Amore, e si stendeva su tutto il Paradiso.

Ecco che questo si svelava nei suoi particolari... Ecco gli angeli. Più in alto dei beati, cerchi intorno al Fulcro del Cielo che è Dio Uno e Trino con la Gemma verginale di Maria per cuore. Essi hanno somiglianza più viva con Dio Padre. Spiriti perfetti ed eterni, essi sono tratti di luce, inferiore unicamente a quella di Dio Padre, di una forma di bellezza indescrivibile. Adorano... sprigionano armonie. Con che? Non so. Forse col palpito del loro amore. Poiché non son parole; e le linee delle bocche non smuovono la loro luminosità. Splendono come acque immobili percosse da vivo sole. Ma il loro amore è canto. Ed è armonia così sublime che solo una grazia di Dio può concedere di udirla senza morirne di gioia.

Più sotto, i beati. Questi, nei loro aspetti spiritualizzati, hanno più somiglianza col Figlio e con Maria. Sono più compatti, direi sensibili all'occhio e - fa impressione - al tatto, degli angeli. Ma sono sempre immateriali. Però in essi sono più marcati i tratti fisici, che differiscono in uno dall'altro. Per cui capisco se uno è adulto o bambino, uomo o donna. Vecchi, nel senso di decrepitezza, non ne vedo. Sembra che anche quando i corpi spiritualizzati appartengono ad uno morto in tarda età, lassù cessino i segni dello sfacimento della nostra carne. Vi è maggior imponenza in un anziano che in un giovane. Ma non quello squallore di rughe, di calvizie, di bocche sdentate e schiene curvate proprie negli umani. Sembra che il massimo dell'età sia di 40, 45 anni. Ossia virilità fiorente anche se lo sguardo e l'aspetto sono di dignità patriarcale.

Fra i molti... oh! quanto popolo di santi!... e quanto popolo di angeli! I cerchi si perdono, divenendo scia di luce per i turchini splendori di una vastità senza confini! E da lungi, da lungi, da questo orizzonte celeste viene ancora il suono del sublime alleluia e tremola la luce che è l'amore di questo esercito di angeli e beati...

Fra i molti vedo, questa volta, un imponente spirito. Alto, severo, e pur buono. Con una lunga barba che scende sino a metà del petto e con delle tavole in mano. Le tavole sembrano quelle cerate che usavano gli antichi per scrivere. Si appoggia con la mano sinistra ad esse che tiene, alla loro volta, appoggiate al ginocchio sinistro. Chi sia non so. Penso a Mosè o a Isaia. Non so perché. Penso così. Mi guarda e sorride con molta dignità. Null'altro. Ma che occhi! Proprio fatti per dominare le folle e penetrare i segreti di Dio.

Lo spirito mio si fa sempre più atto a vedere nella Luce. E vedo che ad ogni fusione delle Tre Persone, fusione che si ripete con ritmo incalzante ed incessante come per pungolo di fame insaziabile d'amore, si producono gli incessanti miracoli che sono le opere di Dio.

Vedo che il Padre, per amore del Figlio, al quale vuole dare sempre più grande numero di seguaci, crea le anime. Oh! che bello! Esse escono come scintille, come petali di luce, come gemme globulari, come non sono capace di descrivere, dal Padre. È uno sprigionarsi incessante di nuove anime... Belle, gioiose di scendere ad investire un corpo per obbedienza al loro Autore. Come sono belle quando escono da Dio! Non vedo, non lo posso vedere essendo in Paradiso, quando le sporca la macchia originale.

Il Figlio, per zelo per il Padre suo, riceve e giudica, senza soste, coloro che, cessata la vita, tornano all'Origine per esser giudicati. Non vedo questi spiriti. Comprendo se essi sono giudicati con gioia, con misericordia, o con inesorabilità, dai mutamenti dell'espressione di Gesù. Che fulgore di sorriso quando a Lui si presenta un santo! Che luce di mesta misericordia quando deve separarsi da uno che deve mondarsi prima di entrare nel Regno! Che baleno di offeso e doloroso corruccio quando deve ripudiare in eterno un ribelle!

È qui che comprendo ciò che è il Paradiso. E ciò di che è fatta la sua Bellezza, Natura, Luce e Canto. È fatta dall'Amore. Il Paradiso è Amore. È l'Amore che in esso crea tutto. È l'Amore la base su cui tutto si posa. È l'Amore l'apice da cui tutto viene.

Il Padre opera per Amore. Il Figlio giudica per Amore. Maria vive per Amore. Gli angeli cantano per Amore. I beati osannano per Amore. Le anime si formano per Amore. La Luce è perché è l'Amore. Il Canto è perché è l'Amore. La Vita è perché è l'Amore. Oh! Amore! Amore! Amore! ... Io mi annullo in Te. Io risorgo in Te. Io muoio, creatura umana, perché Tu mi consumi. Io nasco, creatura spirituale, perché Tu mi crei.

Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, Terza Persona! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che sei amore delle Due Prime! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che ami i Due che ti precedono! Sii benedetto Tu che mi ami. Sii benedetto da me che ti amo perché mi permetti di amarti e conoscerti, o Luce mia...

25 maggio 1944


Fonte: "I Quaderni del 1944"



lunedì 22 luglio 2024

Benedetto e Scolastica, i "Santi" gemelli


Benedetto e Scolastica, fratelli gemelli, nacquero attorno al 480 dalla madre Claudia Abondantia Reguardati, contessa di Norcia, che morì subito dopo aver partorito i due gemelli.
Il padre dedicò cure amorevoli ai due bambini, che furono ben presto indirizzati verso una vita Consacrata. Tra i due gemelli iniziò quindi un cammino "parallelo" di Santità.

Benedetto iniziò una vita da eremita a Subiaco e successivamente fondò l'abbazia di Montecassino. Scolastica, sulle orme del fratello, fondò il monastero di Piumarola distante circa sette chilometri dall'abbazia benedettina. Qui, assieme alle sue consorelle, seguendo la regola monastica del fratello, diede origine al ramo femminile dell'Ordine Benedettino.


Data la loro vicinanza, fu così che fra i due futuri Santi, venne "istituito" un particolare "rituale": Santa Scolastica e il fratello gemello, San Benedetto, decisero che si sarebbero visti una volta l’anno, in un luogo posto a metà strada fra i due monasteri dove risiedevano. Incontri di confidenze spirituali, di preghiera, di lode al Signore.

L’ultima volta che si videro avvenne qualcosa di straordinario.
San Benedetto, accorgendosi che la giornata stava volgendo al termine, fece cenno ai frati che l'avevano accompagnato ch'era ormai giunto il momento della partenza. I due Santi dovevano dividersi, per reincontrarsi l’anno successivo. Scolastica però, in questa occasione, lo pregò di rimanere: gli aveva confidato che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
Ma che dici, sorella mia, non sai che non posso trascorrere la notte fuori della mia cella?”, San Benedetto - così rigoroso alla regola - rispose con queste parole all’amata sorella. Il suo dovere era partire, e così fece. Scolastica, una volta andato via il fratello - così si racconta - cominciò a pregare, in segreto, in silenzio, Dio.

Intanto San Benedetto e i frati che lo avevano accompagnato, durante il cammino di ritorno, trovarono un’enorme tempesta di pioggia, di tuoni e lampi. Era impossibile continuare la strada. “Dio ti perdoni, sorella mia, ma che hai tu fatto?”, queste furono le parole del Santo di Norcia rivolte a Santa Scolastica, una volta rientrato nella casa deputata agli incontri fra i due. E, così, la sorella - con dolce sorriso - rispose: “Ti pregai di rimanere fino a domani e non mi hai ascoltata; per questo mi sono rivolta al Signore ed Egli mi ha esaudita”.
E così, i due Santi, assieme ai frati benedettini, trascorsero quella notte tra preghiere, confidenze spirituali, in pii esercizi di pietà. La mattina seguente, San Benedetto riuscì ad avviarsi verso la sua abbazia di Montecassino.

Tre giorni dopo questo incontro, mentre San Benedetto stava pregando, alzando lo sguardo, vide l'anima della sorella portata in Paradiso da ali di Angeli. Cominciò, allora, a lodare il Signore.


giovedì 18 luglio 2024

Chi fa le cose in fretta non le fa con Amore


Noi facciamo in fretta quello che ci da fastidio, quello che c'è di peso. Il tempo ci sembra lungo, come sembra interminabile una strada che si ha fretta di attraversare.
Quando si tratta con una persona noiosa, pur se si deve parlare di un affare importante, si affretta la conversazione per liberarsene.

Il dire la Messa in fretta è segno più autentico del nessuno amore che il Sacerdote ha per Gesù, ed è quindi per Gesù un peso sul Suo Cuore Divino.

Diffidate dei Sacerdoti che celebrano la S. Messa in fretta!

Egli si dona per infinito Amore e con infinito Amore, come si donò nell'ultima Cena.
Per questo Suo Amore infinito la Sua «delizia è il conversare con i figliuoli degli uomini».

Gesù agli Apostoli dice: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15). San Giovanni aggiunge: «Dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).

Né gli Apostoli, né Lui avevano fretta.

Gli Apostoli, ancora rozzi, facevano cena con Gesù, e al pranzo nessuno ha fretta. Gesù si donava loro con infinito Amore, e voleva a lungo trattenersi con loro.

Uno solo aveva fretta di uscire dal cenacolo, ed era Giuda.

Per uno solo Gesù stesso sembrava aver fretta, e quell'uno era Giuda.

«Ciò che fai fallo presto» (Gv 13,27), gli disse Gesù, addolorato sino alla morte, avendo detto in un'intima angoscia del cuore: «In verità, in verità vi dico, uno di voi mi tradirà» (Gv 13,21).

Aveva fretta il traditore, perché doveva complottare con gli Scribi e i Farisei; aveva fretta Gesù di liberarsene, perché quel traditore era per il Suo cuore un'angoscia mortale.

Quando il Sacerdote va all'Altare con fretta, e acciabatta, è pieno dei pensieri del mondo, è privo di amore, celebra per un vile interesse, vende il suo Maestro e lo tradisce nel momento stesso nel quale dovrebbe amarlo nell'azione più grande di amore.

Egli sta all'Altare, è vestito dei paramenti sacri, compie l'azione Sacra del più sublime amore, ha l'apparenza dell'azione amorosa, ma non fa che dare un bacio di tradimento.
Un bacio segnale di tradimento, un bacio pagato con l'elemosina che raccoglie dalla chiesa dove celebra. Giuda ebbe i trenta denari in moneta sacra del Tempio, e per quella moneta tradì Gesù. Stette nell'ultima Cena con la fretta di compiere il tradimento, stette nella Cena per assicurarsi che il Maestro sarebbe andato nell'Orto - e Gesù dovette dirlo per darvi convegno agli Apostoli -, capì che andava a pregare in quell'orto, e aveva fretta di avvisarne il Sinedrio: «Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta» (Mc 14,44). 

Perché il Sacerdote ha fretta nella Messa? Perché ha l'appuntamento col mondo, perché ha da sbrigarsi per i suoi interessi materiali, perché rifugge dall'Amore di Gesù.

Anche il bacio traditore Giuda lo diede in fretta, perché non poteva attardarsi su quel volto Divino che odiava, non poteva sopportare l'effluvio di Amore che spandeva intorno, perché voleva sfuggire a quell'occhio che intravide al chiarore delle fiaccole, e che gli penetrava l'anima peccatrice.
Il Sacerdote sente il rimorso della propria indegnità, l'Ostia Divina è come occhio che lo guarda e lo rimprovera: «Amico, a che sei venuto all'altare? Con un bacio, con una azione sacra di amore tradisci il tuo Redentore!».

Giuda ebbe fretta nel cenacolo, ed ebbe fretta anche nel sopprimersi. Andò a gettare le monete nel Tempio, e andò in fretta a strangolarsi!

Il Sacerdote che ha fretta, trova anche lui il laccio delle passioni, vi si lega, si sospende all'albero del peccato, muore alla grazia.

O Gesù, o Gesù, converti i Sacerdoti frettolosi, e fa che gustando il Tuo Amore, cerchino sull'Altare la gioia della Tua compagnia, e il caldo della Tua Carità.


Sac. Dolindo Ruotolo, Napoli


sabato 13 luglio 2024

Maria Valtorta, il “piccolo Giovanni”



In questo blog è diverso tempo che volevo parlare di una grande Personalità Mistica, nonché "Anima Vittima" del 900, conosciuta da una moltitudine di persone in tutto il mondo grazie a suoi numerosi scritti altamente Spirituali, in larga parte ispirati e provenienti dal Cielo: Maria Valtorta! E ci tengo a parlarne perché amo moltissimo questa Santa, e i suoi scritti accompagnano il mio percorso di vita da oramai tanti anni, con grande profitto per la mia anima.
Oggi quindi mi accingo a postare questo scritto, composto nel giro di più giorni, su questa anima Bella, vissuta tutta interamente per il Signore, ripromettendomi in futuro, a Dio piacendo, di postare qualcuno di questi "Tesori" a lei rivelati sulle pagine di questo blog. Ed è quasi superfluo dire che raccomando veramente a tutti di leggere gli scritti di quest'Anima Mistica, con la certezza che gli effetti benefici di tali Sante letture non mancheranno di farsi sentire, benevolmente e copiosamente, nell'animo di ciascuno.

Maria Valtorta è nata il 14 marzo 1897 a Caserta. Figlia unica in una famiglia agiata, il padre era un maresciallo di Cavalleria, uomo buono e remissivo, e la madre una insegnante francese, donna dal carattere severo e intransigente, dalla quale Maria non si è mai sentita capita e amata. I frequenti trasferimenti della famiglia, causati dagli spostamenti del reggimento nel quale il padre prestava servizio, la portarono a trascorrere i primi anni di vita a Faenza e poi, successivamente a Milano, dove Maria frequentava l'asilo delle suore Orsoline. Fu qui, nonostante l'età precocissima, che Maria sentì da subito un Amore particolare per Gesù, soprattutto si sentiva di voler “consolare Gesù facendosi simile a Lui nel dolore volontariamente patito per Amore... una caratteristica questa che avrebbe "segnato" in maniera indelebile tutta la sua vita.
A Milano frequentò con profitto le scuole elementari, segnalandosi come alunna modello, e nello stesso istituto ricevette nel 1905 il sacramento della Cresima dalle mani del cardinale Andrea Ferrari, poi futuro Beato. Continuò le elementari a Voghera, dove prendeva anche lezioni di lingua francese da alcune suore espulse dalla Francia per una legge anticlericale. E furono proprio queste suore che la prepararono per la prima Comunione che fece a Casteggio nel 1908. Su decisione della madre all'età di 12 anni entrò nel prestigioso collegio Bianconi di Monza, condotto dalle suore di Maria SS. Bambina, che ella considerò “Il suo nido di pace”, ove per quattro anni appagò il suo amore per lo studio e la disciplina. Quando uscì dal collegio, sedicenne, la predica di un Vescovo le fece capire che il Signore la stava chiamando ad una vita di amorosa penitenza, ma rimanendo nel mondo.
Tornata a casa trovò il padre, che amava moltissimo, menomato nel fisico e nella mente, tanto che egli andò in pensione anzitempo e la famiglia si trasferì a Firenze. Maria si trovava bene nella nuova città, che spesso visitava col padre, ma vi subì il dolore di vedere troncato sul nascere il fidanzamento con un distinto giovane appena conosciuto a causa della durezza della madre. Nel 1917, in pieno svolgimento della I Guerra Mondiale, entrò nel corpo delle infermiere volontarie (le samaritane) per soccorrere e curare i soldati feriti: un'esperienza che svolse con grande impegno e Carità per 18 mesi nell'ospedale militare di Firenze e che la edificò.
Nel 1920 accadde un fatto che condizionò per sempre la vita della giovane Maria: un giovane sovversivo comunista la aggredì per strada e le sferrò un forte colpo ai reni con una spranga di ferro che le lesionò la spina dorsale. Questo fu l'inizio di un interminabile calvario medico che la predispose all'invalidità. Dopo l'incidente Maria ebbe la possibilità di trascorrere due anni a Reggio Calabria, per ritemprarsi nel corpo e nello spirito, ospite di cugini della mamma che l'accolsero e l'ospitarono con grande affetto. Durante questo soggiorno avvertì fortemente il richiamo di Dio per una vita da vivere saldamente radicata in Cristo. La madre però, seppur da lontano, continuava a non capirla e a ferirla nei suoi sentimenti di donna, e quando fece ritorno a Firenze, nel 1922, la risommerse di "ricordi amari".
Nel 1924, assieme alla famiglia, si trasferì a Viareggio, e lì sempre più fortemente si sentiva chiamata ad una vita da spendere completamente per Dio, culminata in eroiche offerte di di sé per Amore di Dio e dell'umanità. Nel frattempo si impegnava in parrocchia come delegata di cultura per le giovani di Azione Cattolica e teneva conferenze che erano seguite da moltissime persone, anche da non praticanti. I problemi di salute diventavano però sempre più importanti e le era sempre più difficile muoversi. Il 4 gennaio 1933 uscì di casa per l’ultima volta e dal 1° aprile 1934, giorno di Pasqua, si vide infine costretta a letto, semiparalizzata dalla vita in giù.
Il 24 maggio 1935 fu presa in casa una giovane donna rimasta orfana e sola, Marta Diciotti, che diventerà sua amica, confidente e assistente per tutto il resto della vita. Dopo un mese morì l'amatissimo papà di Maria, e per lei fu un colpo terribile, tanto che fu sul punto di morirne dal dolore. La madre invece, che Maria amò sempre per dovere naturale e con sentimento soprannaturale, come più volte attestato nei suoi scritti, morirà il 4 ottobre 1943, senza avere mai smesso di vessare la figlia. L'infermità di Maria accentuò la sua ascesi mistica, aiutata anche dalla lettura dell'autobiografia di Teresa di Lisieux, "Storia di un anima", che accese più che mai in sé stessa il desiderio di offrirsi come "anima-vittima" al Signore.

«Vittima d'Amore prima, per consolare l'Amore Divino che non è riamato, e poi anche di Giustizia, per la Salvezza delle anime e del mondo»

(Maria Valtorta)

Da paralitica Maria pensò di dedicarsi alla scrittura e abbozzò un romanzo a sfondo autobiografico, Cuore di una donna, che tuttavia non venne mai pubblicato e che, negli anni successivi, il Signore stesso con perentorio comando ricevuto in modo soprannaturale, gli disse di bruciare completamente perché “Solo per l'Opera Mia devi essere conosciuta come scrittrice”.

Nel giugno 1942 Maria Valtorta incontrò un sacerdote servita, padre Romualdo Maria Migliorini, ex missionario destinato al convento di Viareggio, il quale divenne suo direttore spirituale e, all'inizio del 1943, le chiese di scrivere la propria autobiografia. Con una certa esitazione, dovuta anche alle sue sempre più precarie condizioni di salute (Maria si sentiva prossima a dover morire), accettò la richiesta, e con disinvoltura, seduta nel letto, nel giro di due mesi riempì sette quaderni autografi, nel quale non solo diede prova di grandi capacità come scrittrice, ma soprattutto aprì la sua anima in una confidenza senza veli. In queste 760 pagine manoscritte, consegnate al suo confessore, Maria si era come “liberata” da un passato spesso molto doloroso, e in questo modo si predisponeva con maggior fiducia alla morte, quando nel suo intimo avvertì una "Voce", già nota al suo spirito, che le dettò una pagina di Sapienza Divina. Erano le 11.15 del 23 aprile 1943, giorno di Venerdì Santo. Questo fu l'inizio di una svolta impensabile, il primo dettato di quella che diverrà un opera veramente monumentale.
Il "Cielo" si era aperto dinanzi a Maria e lei lo accolse con tutto il suo cuore.




Padre Migliorini la inviterà a scrivere ogni cosa e lei eseguirà questo mandato con estrema diligenza e precisione. A questo primo dettato ne seguiranno tanti altri, poi inizieranno le visioni. Dal 1943 al 1947, con punte fino al 1951, Maria riempirà 122 quaderni (che contengono tutte le opere eccetto l'Autobiografia) per un totale di 13193 pagine, tutte scritte "di getto", senza rileggerle e senza alcuna correzione o revisione. A tutto questo si deve aggiungere anche un grandissimo epistolario, avvenuto tra lei e alcune persone di grande Fede che le erano particolarmente vicine. Il grosso di questo scritti avvenne nel pieno della 2° Guerra Mondiale che anche Maria Valtorta dovette "subire", tanto da essere costretta a trasferirsi, nel 1944, dalla sua Viareggio a Sant'Andrea di Compito nella Lucchesia verso Capannori.
Il 1943 è stato quindi un anno fondamentale nella vita di Maria Valtorta, con i primi dettati che inizialmente erano discontinui, poi dal mese di giugno divengono regolari e quotidiani. Fino al mese di dicembre è solo Gesù a parlare, poi arriverà Maria SS., il Padre Celeste, lo Spirito Santo, il suo Angelo Custode e alcuni Santi. Dal 1944 iniziano le visioni della vita di Gesù e di Maria SS., fino al giorno dell'Assunzione in Cielo di quest'ultima, visioni che costituiranno l'opera principale di tutti gli scritti. Maria Valtorta partecipa con grande Amore a queste visioni, lei descrive tutto quello che vede, persone, dialoghi e luoghi, in completa libertà.

A Padre Migliorini venne l'idea di dattilografare questi scritti, ma questa non fu affatto una buona cosa perché essi finirono col circolare prima del previsto (il Signore aveva espresso chiaramente che tali scritti non fossero divulgati prima della morte della scrittrice) ed arrivarono anche sul tavolo del Sant'Uffizio, creando dei disordini tra chi voleva che l'opera venisse approvata dalle autorità competenti e chi non credeva nella soprannaturalità di tale opera e la voleva bloccare ad ogni costo. I dattiloscritti arrivarono anche alla scrivania di Papa Pio XII, che ne ebbe un giudizio molto positivo, dichiarando che l'opera venisse pubblicata “così come sta. Chi legge capirà”. Non mancavano però anche le critiche su questi scritti, ritenuti da taluni "poco edificanti" per coloro che li avessero letti.
Nel corso del tempo l'opera ha subito approfondite analisi da parte di molti eminenti teologi cattolici, i quali dichiararono unanimamente l'assoluta conformità dei testi con l'ortodossia Cattolica.

L'intenzione di stampare l'opera principale venne fin dal principio, ma furono diverse le difficoltà che si frapposero alla realizzazione del progetto, non ultima le reticenze che provenivano della Santa Sede. Solo nel 1956 vide la luce il primo dei quattro volumi intitolato "Il Poema di Gesù", titolo modificato poi in "Il Poema dell'Uomo-Dio", poiché il titolo originario era già presente per un altro testo in circolazione. Tale titolo rimase in uso fino al 1993, data in cui l'opera assunse l'attuale titolo: "L'Evangelo come mi è stato rivelato".
Il quarto volume venne messo in circolazione verso la fine del 1959 ma, senza più la protezione di Papa Pio XII avvenuta l'anno prima, tutta l'opera fu messa all'Indice dei libri proibiti da parte del Sant'Uffizio, senza nessuna motivazione particolare.
Un articolo del 6 gennaio 1960 dell' "Osservatore Romano" definiva i quattro volumi dell'opera “una vita di Gesù malamente romanzata”. Tale giudizio, frettoloso e superficiale, si rivelò poi nel tempo radicalmente sbagliato, in quanto il racconto è costituito da fatti storici verificabili avvenuti per di più in luoghi descritti con minuzia di particolari che si sono rivelati assolutamente esatti e che quindi non potevano essere stati inventati dalla scrittrice che mai si è recata in Terra Santa.
Maria Valtorta venne messa a conoscenza della condanna dell'opera da parte del Sant'Uffizio dalla sua assistente e amica Marta Diciotti, ma reagì con indifferenza, senza scomporsi, rispondendo “che lo sapeva già”.

Oramai già da qualche tempo, precisamente dal 1956, Maria Valtorta aveva iniziato a dare segni di un sempre più marcato distacco psichico da tutto ciò che la circondava. Era entrata in uno stato di "dolce apatia", di abbandono totale da tutto, senza tuttavia mai smorzare dal suo viso la vivezza dello sguardo o la serenità dell'espressione. Si stava realizzando quello che Gesù le aveva predetto il 12 settembre 1944, cioè che l'avrebbe portata ad una morte estaticaCome sarai felice quando ti accorgerai di essere nel Mio mondo per sempre e d'esservi venuta, dal povero mondo, senza neppure essertene accorta, passando da una visione alla realtà, come un piccolo che sogna la mamma e che si sveglia con la mamma che lo stringe al cuore. Così Io farò con te.
Questa predizione si avverò completamente e la mattina di giovedì 12 ottobre 1961, nel letto della sua casa, mentre un sacerdote le recitava la preghiera degli agonizzanti: “Parti, anima Cristiana, da questo mondo”, Maria sciolse i lacci che la legavano a questo mondo e volò tra le Braccia dell'Eterno Padre. Aveva 64 anni ed era a letto da 27 anni e mezzo.
Venne sepolta nel cimitero di Viareggio, dove già erano posti i suoi genitori Giuseppe e Iside, e lì vi rimase per dodici anni. Nel 1973 la salma fu riesumata e traslata a Firenze, nella Cappella del Capitolo della Basilica della Santissima Annunziata, il cui celebre affresco dell'Annunciazione, era stato da lei ammirato varie volte nella sua vita. A Viareggio resta la sua amatissima stanza all'interno della sua piccola abitazione, restaurata due volte per mantenerla come casa-museo, testimonianza indelebile della sua gioiosa immolazione a Cristo e del suo percorso di vita altamente Mistico in cui il Cielo fu straordinariamente presente nella sua esistenza.

Sia la sua tomba, a Firenze, che la sua casa, a Viareggio, sono oggigiorno meta di tanti pellegrini, devoti e grati per avere conosciuto le sue opere, fonti di meravigliosi Frutti Spirituali e oggi diffusi in tutto il mondo.


LE OPERE ISPIRATE DA DIO

Sono le opere di contenuto soprannaturale. In tali opere si riscontrano brani di carattere personale e altri, la maggior parte, sono quelli che provengono da Dio: questi ultimi si suddividono in visioni e in dettati.
Nella parte relativa alle visioni è Maria Valtorta stessa, con le proprie capacità di scrittrice, a scegliere le parole da utilizzare per descrivere quello che vedeva. Nella parte relativa ai dettati, invece, trascriveva con fedeltà e precisione ciò che lei ascoltava durante le sue esperienze Mistiche.

Maria Valtorta poteva avere visioni o ricevere dettati in qualsiasi ora del giorno e della notte. Lei si è sempre definita “il mezzo”, “lo strumento” o “la penna” nella mani di Dio, mentre il Signore la chiamava affettuosamente piccolo Giovanni, con riferimento al “Grande” Giovanni, ovvero a San Giovanni Apostolo, scrittore del 4° Vangelo, di tre Lettere e dell'Apocalisse.
Come dichiarano alcuni testimoni e soprattutto la sua assistente Marta Diciotti, Maria poteva scrivere in qualsiasi momento, stando a letto con il quaderno sulle ginocchia, talvolta anche nel bel mezzo di grandissime sofferenze, ma sempre con molta naturalezza e senza segni particolari. Spesso poteva essere interrotta, per qualsiasi genere di motivo, ma dopo lei riprendeva a scrivere come se nulla fosse. 
Posso asserire – si legge in una dichiarazione della stessa Valtorta - che non ho avuto fonti umane per poter sapere ciò che scrivo, e ciò che, anche scrivendo, non comprendo molte volte.

L'Evangelo come mi è stato rivelato

Poco meno di due terzi della produzione letteraria di Maria Valtorta, ovvero 122 quaderni per circa 15 mila pagine, è costituita dalla monumentale opera narrativa e dottrinale sulla Vita del Signore, che inizia dalla nascita di Maria SS per proseguire con la vita nascosta di Gesù, i suoi tre anni di vita pubblica, la sua Passione, Morte e Resurrezione, e termina infine con l'assunzione in Cielo della Vergine SS. .
Intitolata inizialmente "il poema dell'Uomo-Dio" e pubblicata fin dal 1956-59 in quattro grossi volumi, l'opera ha cambiato titolo nel 1993 in "L'Evangelo come mi è stato rivelato", suddiviso in dieci volumi.
La prima edizione era corredata da note di padre Corrado M. Berti e con tavole che l'artista Lorenzo Ferri eseguì sotto le indicazioni della stessa Valtorta.

Anche se questa straordinaria opera non è stata esente da lotte e contrasti vari, tuttavia essa ha ricevuto tanti riconoscimenti, anche con attestazioni scritte, da parte di autorevoli e dotte personalità ecclesiastiche e laiche. In particolar modo è stata riconosciuta la sua originalità e singolarità, pur nella perfetta aderenza all'ortodossia cattolica. Oltre a ciò, pur riconoscendo doti di intelligenza, cultura, memoria e doti psichiche e spirituali alla scrittrice, è stato valutato come impossibile che una persona umana possa trovare adunate in lei così tanta dottrina e tante esatte cognizioni di storia, luoghi e riferimenti che si trovano, numerosissimi, nell'opera.

I Quaderni

Maria Valtorta trascrisse una lunga serie di visioni e dettati, avvenuti tra il 1943 e il 1950, i quali sono stati raccolti in tre volumi, I Quaderni del 1943, I Quaderni del 1944 e I Quaderni del 1945-1950. In questi quaderni sono riportati scritti di altissimo valore Teologico, Mistico e Spirituale, contenuti estremamente variegati che toccano un po' tutti gli aspetti della Fede. Gli scritti sono riportati in ordine cronologico, e oltre a dettati e visioni, sono contenuti anche episodi della vita personale della Valtorta, nonché sue personali riflessioni. Sono contenuti anche visioni dei primi Martiri Cristiani della Chiesa e anche visioni di Santi e Sante come, ad esempio, San Francesco d'Assisi e Santa Teresa del Bambin Gesù.

I Quadernetti

E' un volume relativamente recente, pubblicato nel 2006 ed edito dal CEV (Centro Editoriale Valtortiano), nel quale sono raccolti tutti quegli scritti, rimasti fino a qui inediti, raccolti tra fogli sparsi, taccuini e pagine sciolte, che non avevano trovato spazio nella pubblicazione dei Quaderni. Il materiale è databile tra il 1943 e il 1954 e, come per i Quaderni, gli argomenti toccano vari aspetti della Fede Cristiana. Tra questi, è giusto sottolinearlo, sono riportate anche le visioni e i dettati relativi alla Tomba di San Pietro, la quale, secondo tali scritti, farebbero pensare a una diversa collocazione del primo Pontefice Cristiano rispetto al luogo che si ritiene oggi essere la sua tomba.

Libro di Azaria

Questo libro raccogli i dettati dell'Angelo Custode di Maria Valtorta, Azaria il suo nome, con commenti e spiegazioni da un punto di vista teologico e spirituale, del calendario liturgico dell'epoca, composto da 58 Messe festive nel testo del Messale tridentino (o di San Pio V) vigente all'epoca.

Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani

Databili tra il 1948 e il 1950, le Lezioni sono dettati che commentano il testo paolino nella versione della Sacra Bibbia usata all'epoca dalla Valtorta e attribuita allo Spirito Santo.


ALTRI SCRITTI DI MARIA VALTORTA

Le lettere

Nonostante il grande impegno profuso come scrittrice Mistica, Maria Valtorta non era isolata dal mondo ed in modo particolare aveva dei contatti epistolari con alcune anime di grande Fede a lei molto care. Tra queste vanno ricordate la monaca Carmelitana di clausura Madre Teresa Maria (il cui contenuto epistolare sarebbe potuto essere molto più ampio se un gran numero di queste lettere non fosse stato eliminato, come richiesto dalla stessa Valtorta), padre Romualdo Migliorini, dell'ordine dei Servi di Maria, per lungo tempo Direttore Spirituale della stessa Valtorta, quindi Mons. Alfonso Carinci, Segretario della Congregazione Vaticana che si occupava delle Cause dei Santi e grande estimatore dell'opera letteraria della Valtorta, che egli riteneva essere assolutamente autentica e proveniente da Dio.

L'Autobiografia

Antecedente agli scritti ispirati dal Signore, nel 1943 Maria Valtorta ha scritto il suo primo libro spirituale, l'"Autobiografia", su espressa richiesta del suo Direttore Spirituale padre Migliorini. E lo stesso padre Migliorini è stato ispirato da Gesù in questa richiesta (come rivelato da Gesù stesso) col fine di “purificare” la scrittrice dal tanto “veleno” (parole stesse di Gesù) che Maria aveva accumulato durante la propria vita fino a quel momento.


Guarda la Stella, invoca Maria


Chiunque tu sia, che nel flusso di questo tempo ti accorgi che, più che camminare sulla terra, stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste, guarda la Stella, invoca Maria.
Seguendo Lei non puoi smarrirti, pregando Lei non puoi disperare. Se Lei ti sorregge non cadi, se Lei ti protegge non cedi alla paura, se Lei ti è propizia raggiungi la mèta.

San Bernardo da Chiaravalle


giovedì 11 luglio 2024

Maria Goretti appare in sogno al suo uccisore Alessandro Serenelli


Una notte, Maria Goretti appare in sogno ad Alessandro Serenelli, suo uccisore, vestita di bianco, nei giardini fioriti del Paradiso. Sconvolto, Alessandro scrive a Monsignor Blandini: «Rimpiango tanto più il mio crimine, che sono conscio di aver tolto la vita ad una povera ragazza innocente che, fino all'ultimo momento, ha voluto salvare il suo onore, sacrificandosi, piuttosto che cedere alla mia volontà criminale. Domando pubblicamente perdono a Dio ed alla povera famiglia, per il grande crimine commesso. Voglio sperare che otterrò anch'io il perdono, come tanti altri su questa terra».
Il suo pentimento sincero e la buona condotta in prigione gli valgono di essere liberato quattro anni prima del termine della pena. Trova allora un posto di giardiniere in un convento di cappuccini e vi si mostra esemplare. È ammesso al Terz'Ordine di San Francesco.

Grazie alle sue buone disposizioni, Alessandro è chiamato a testimoniare al Processo di Beatificazione di Maria. È qualcosa di molto delicato e molto penoso per lui. Ma confessa: «Devo riparare e fare tutto quel che posso per la sua glorificazione. Il male è tutto dalla mia parte. Mi sono lasciato andare alla passione brutale. Essa è una Santa. Una vera martire. È una fra le prime in Paradiso, dopo quel che ha dovuto soffrire per causa mia».

A Natale del 1937, si reca a Corinaldo, dove Assunta Goretti si è ritirata con i suoi figli, unicamente per riparare e chiedere il perdono alla madre della vittima. Non appena davanti a lei, chiede piangendo: «Assunta, mi perdona?Maria ti ha perdonato, non potrei perdonare anch'io?» balbetta questa.

Nel giorno di Natale, gli abitanti di Corinaldo non sono poco stupiti e commossi di veder avvicinarsi alla Tavola Eucaristica, l'uno accanto all'altra, Alessandro e Assunta.




domenica 7 luglio 2024

Alessandro Serenelli, un uomo ricostruito dal Perdono


Si chiama Alessandro Serenelli l’uomo che il 5 luglio 1902 uccise Maria Goretti, perché si opponeva alla sua passione per lei.

Prima di spirare, Maria gli offrì il suo perdono, dicendo:
Si, lo perdono! E lo voglio con me in Paradiso”.

Alessandro fu condannato a trenta anni di carcere. Al processo era presente anche Assunta, la mamma di Maria. Interrogata, anche lei dichiarò di voler perdonare l’assassino della figlia.
Nell’aula si sollevò un brusio tra lo stupore e l’indignazione. Ma Assunta affrontò il momento e affermò:
Anche Gesù ha perdonato i suoi assassini”.

Durante il quarto anno di reclusione, Alessandro ebbe una strana visione, che diede inizio alla sua Conversione:
Idee violente di disperazione mi turbavano la mente, quando una notte faccio un sogno: vedo davanti a me un giardino tutto di fiori bianchi e gigli e vedo scendere Marietta bellissima, la quale, man mano che coglie i gigli, me li presenta e mi dice: “Prendi” e mi sorride come un angelo. Io accetto quei gigli fino ad averne le braccia piene”.

Inizia per Alessandro un cammino di Redenzione che lo porterà alla totale Conversione.
Una cosa desidera con tutto il cuore: avere l’abbraccio di mamma Assunta. Dopo la sua uscita dal carcere, si recò a Corinaldo dove poté incontrare la donna. Alessandro è stato letteralmente ricostruito dal perdono.

Ha lasciato un piccolo testamento:
Sono vecchio. Riconosco che nella mia giovinezza presi la via del male, che mi condusse alla rovina. A vent’anni commisi un delitto passionale del quale oggi inorridisco. Maria Goretti fu l’angelo buono che la Provvidenza mi mise avanti. Ho impresse nel cuore le parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me suo uccisore. Seguirono trent’anni di prigione. Espiai la colpa. Con l’aiuto di Maria cercai di comportarmi bene. Ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla Visione di Dio, di essere vicino al mio angelo protettore.


Fonte: Web


mercoledì 3 luglio 2024

Sani e forti principi morali irrobustiscono l'anima


Non bisogna dimenticare che se gli esercizi fisici irrobustiscono il corpo, è necessario che altrettanto sani e forti principi morali affinino e irrobustiscano l'anima.

Pier Giorgio Frassati


martedì 2 luglio 2024

“Amico mio, sai cos'è la purezza?”


È pazzo! È pazzo!” gridava l’inserviente del piccolo ospedaletto.
Vedeva quel giovane minuto, Luigi Gonzaga, con la sua tonaca nera, mentre trasportava in braccio un povero appestato. “Se la prenderà pure lui quella malattia!” continuava a gridare.

Si affacciò un vecchio gesuita che stava amministrando Sacramenti ai moribondi. Fece tacere l’inserviente dicendogli: “Amico mio, sai cos’è la purezza? Ecco cos’è. Ce l’hai davanti ai tuoi occhi” disse indicando Luigi. “La purezza è sapersi sporcare le mani quando c’è bisogno. La purezza è saper morire per qualcuno che non vale nulla agli occhi del mondo. Ma per un puro di cuore, come quel ragazzo, quel povero appestato è come il Sacramento. Non lo vedi come se l’abbraccia?”.

Ma si ammalerà anche lui così?” disse quasi piagnucolando l’inserviente.

Che ci vuoi fare, i santi sono così, non hanno misura, non si sanno regolare” rispose il vecchio gesuita sorridendo.

Che spreco, il figlio primogenito dei Gonzaga ridotto a far questo” proseguì l’inserviente.

Non bestemmiare” gli intimò il vecchio gesuita, “quel ragazzo vede più lontano di tutti. È più ambizioso di tutti. Ha capito fino in fondo quello che ci ha insegnato Nostro Signore: ‘Chi vuole essere il primo si faccia servo di tutti’.
I Gonzaga con il tempo se li dimenticheranno tutti. Questo ragazzo no, perché si è scelta la parte migliore che non gli sarà tolta”.


Fonte: Gruppo Facebook "I SANTI CHE TI AIUTANO"